Recensione di un libro che ho amato! La vita è un Sogno - Pedro Calderon de la Barca


“Sono dunque tanto simili ai sogni le glorie, che quelle reali sembrano false, e quelle simulate, vere?” Cos’ è la realtà? Il sogno è finzione e la veglia realtà? Se la vita che viviamo fosse una rappresentazione in cui recitiamo una parte?"

L'oroscopo pronostica a Basilio, immaginario re di Polonia, che suo figlio Sigismondo lo umilierà, sarà un re crudele e renderà infelice il suo popolo. Allora il re fa rinchiudere il figlio in un castello solitario in mezzo ai monti e ordina che chiunque si avvicini a quel luogo venga messo a morte. Solo il servo Clotaldo rimane con lui, per custodirlo e insegnargli qualche elementare nozione: Sigismondo deve ignorare di essere l'erede al trono. Così il giovane cresce forte, ma selvaggio, senza conoscere nulla del mondo, coperto solo da una pelle d'animale, con un aspetto spaventoso. Passano gli anni, e Basilio decide di fare un esperimento; vuole vedere se un uomo può vincere il proprio destino; ordina quindi che venga dato del sonnifero a Sigismondo e che venga poi trasportato a corte. Quando si risveglia il mattino seguente, Sigismondo rimane esterrefatto nel trovarsi in una stupenda stanza circordato da servitori e si comporta con tutti come un vero selvaggio, compiendo atti di violenza e crudeltà che rivelano la bestialità dei suoi istinti; solo davanti al padre prova un sentimento di innato rispetto. Questi, tuttavia, decide di rimandarlo nella torre convinto che gli astri abbiano predetto il vero, e dice al figlio di considerare il breve tempo trascorso a corte come un sogno; viene di nuovo addormentato e, al suo risveglio, si ritrova dove è cresciuto: si convince così di aver davvero sognato. Clotaldo gli spiega allora che la vita degli uomini è per tutti un sogno: quando viviamo in questa vita, ci illudiamo di vivere e sognamo, per destarci poi nell'altra che è la vera. E' bene che durante questo sogno, che noi chiamiamo "vita", le opere siano tali che non abbiamo a pentircene quando saremo nell'altra.


Capolavoro del teatro barocco, l'opera mette in scena il conflitto tra libertà e destino, vita e sogno (un sogno presunto, insinuato da altri), verità e ingannevole apparenza. "Sogno" infatti non è emblema solo d'una condizione sfuggente e precaria, ma anche d'uno strato di finzione e di menzogna, di paralisi parziale della volontà, di un'angoscia esistenziale "il delitto d'esser nato" - che consiste nel non poter imporre agli altri il proprio essere e il proprio esistere.
L'opera è pervasa da un solenne senso religioso, che tempera il pessimismo sull'inutilità dell'esistenza terrena con la fede nell'aldilà; i personaggi sono vivi e potenti, i conflitti che lacerano l'animo sconvolgenti.

Spettatori distratti




SPETTATORI DISTRATTI

Seduti su delle comode poltrone,

guardiamo dinanzi a noi uno strano spettacolo;

il sipario si è aperto senza alcun preavviso e noi, spettatori,

ammiriamo gli attori recitare.

Riconosciamo nelle loro parole, nei loro silenzi,

il nostro strano modo di comunicare;

noi spettatori distratti, sediamo poche,

pochissime volte in queste comode poltrone perché

distratti dal rumore illusorio della vita quotidiana.

Spettatori distratti, che camminano lungo strade affollate

evitando di incrociare lo sguardo altrui,

che sentono le urla in lontananza

senza prestare attenzione.

Noi spettatori distratti adesso

seduti su comode poltrone,

ascoltiamo le parole degli attori, realizzando una pericolosa verità :

siamo noi quegli attori

e l’opera rappresentata è la nostra vita.

Attori intimoriti dinanzi ad un pubblico severo.

Adesso che il pubblico siamo noi,

adesso che dobbiamo valutare la nostra interpretazione,

adesso siamo in grado di esser obiettivi?

Adesso che le nostre azioni,

i nostri pensieri più intimi

hanno preso forma in questo palco,

siamo ancora capaci di valutare le nostre azioni,

scagionarle?

Siamo tutti attori,

a volte sprovvisti di copione.

A cosa serve mettere in difficoltà l’attore dinanzi a noi?

Ci rende forse più abili?

Più astuti?

Anche lui, come noi, teme il giudizio del pubblico,

anche lui, come noi, vorrebbe gettar la sua maschera

e porre fine a dialoghi e scelte previste da copione.

Noi spettatori distratti, analizziamo ed ascoltiamo

solo se seduti e costretti a porre attenzione.

Non conosciamo l’ora in cui il sipario,

il rosso vellutato sipario

chiuderà la scena.

Ecco perché…

durante la rappresentazione,

ogni parola, ogni silenzio, ogni piccolo gesto

non dovrà ferir l’attore che ci sta a fianco

Perché, una volta chiuso il sipario non esisterà alcuna parola.

E dalle poltrone non si potrà intervenire.

Poesia selezionata al Concorso Nazionale di Poesia "Il Federiciano" (Rocca Imperiale).


Caterina Maugeri